“I Virtuosi Italiani at Teatro Ristori: Oleg Caetani and young pianist Maya Oganyan enchant with Bartok, Meyer, and Shostakovich”
Ita - “I virtuosi italiani al Teatro Ristori: Oleg Caetani e la giovane pianista Maya Oganyan incantano con Bartok, Meyer e Shostakovich”
Una bacchetta gloriosa ed una giovanissima pianista emergente per il penultimo impegno stagionale de I Virtuosi Italiani: questi erano i personaggi che hanno animato il concerto di giovedì 7 novembre al Teatro Ristori. Sul podio era infatti presente, il maestro svizzero Oleg Caetani e al pianoforte sedeva la diciottenne moscovita Maya Oganyan (residente a Venezia), impegnati in un programma incentrato su musiche di Bartok, Meyer, Shostakovic.
Il brano di apertura era il famoso “Divertimento per archi” di Béla Bartok, (autore amatissimo da Oleg Caetani), scritto nell’agosto del 1939: una pagina conclusiva del periodo neoclassico del musicista, che mostra una struttura per molti versi simile al suo Secondo Concerto per violino, dove il primo e il terzo tempo sono accomunati dall’impiego del medesimo materiale tematico. Il recupero di taluni tratti propri dello stile barocco si manifesta nella frequente alternanza tra soli e tutti, che sembra far palese riferimento ai modi del concerto grosso, più che a quelli di un divertimento classico.
Nonostante precedesse di poco l’esilio americano di Bartok, nonostante l’Europa si avviasse proprio in quell’anno verso la catastrofe della seconda guerra mondiale, questo lavoro è insolitamente sereno, gioioso, di un generale ottimismo che lo pervade, quasi la visione di un mondo migliore che superasse gli orrori di quegli anni.
L’esecuzione voluta da Caetani è tesa in un’affascinante spontaneità che sembra nascere dall’estro del momento, da un innamoramento di ogni suono, di ogni disegno musicale, con l’incanto di essere lì in pubblico a dar vita alle note scritte. L’intesa del maestro con I Virtuosi è perfetta: il direttore svizzero è un degno accompagnatore, ma l’aiuto nello scandire i tempi gli viene spesso dal primo violino Alberto Martini, che supporta e asseconda ogni tratto dell’interpretazione.
Il secondo brano in programma era invece Musica Notturna (eseguita per la prima volta in Italia) del polacco Krysztof Meyer, compositore vivente, allievo dei vari Penderecki, Lutoslawski e Boulanger, della cui esecuzione però potevamo sinceramente farne a meno, senza screditare alcuno.
Ma a stravolgere le “sorti” della serata c’era però il notissimo primo “Concerto per pianoforte e tromba op. 35” di Shostakovic. Un brano che vide la sua stesura subito dopo i 24 Preludi, con i quali condivide non poche componenti stilistiche: un’opera curiosa a cominciare dall’organico orchestrale.
Nei suoi quattro tempi, l’esuberanza gesticolare del giovane Shostakovich ha giustapposto, in una forma di scanzonata rapsodia lisztiana, alcuni temi da lavori di Beethoven (Appassionata) e Haydn, nonché la melodia di un canto popolare molto in voga in quegli anni 1933. Nell’assolo per tromba del quarto tempo, il compositore usa il tema del finale delle sue musiche inserite nell’opera di Dressel, Il povero Colombo. L’eterogeneità stilistica è notevole: l’inizio del Lento ha un pizzico dall’ostentata eleganza armonica di Ravel, nell’occhieggiare con finezza al repertorio leggero, ma il mosaico delle citazioni, realizzato nell’Urss di quegli anni, fa venire in mente anche un collage di Rodcenko.
La costante ispirazione, tesa tra l’opera di una graffiante ironia e i nostalgici abbandoni lirici, sono entrambi accentuati dall’impiego di un tromba solistica, attraverso la quale le due componenti risultano non poco esasperate. Anche il pianoforte appare costantemente bilanciato tra queste due connotazioni, presentando nei tempi veloci una scrittura caratterizzata da una forte componente percussiva e da una condotta ritmica spesso allucinata, mentre in quelli lenti è trattato con inedita varietà di chiaroscuri.
Siamo insomma di fronte ad un autore aperto alla sperimentazione e alla provocazione, tipiche delle prime avanguardie europee, con le quali condivideva il gusto per la parodia, l’impiego della citazione, le commistioni stilistiche e l’utilizzo dei materiali più eterogenei, oltre alla rottura degli schemi tradizionali.
Maya Oganyan al pianoforte coinvolge già dalle prime note, quando fa risaltare come si presenta formalmente il concerto: una sorta di Divertissement articolato nei quattro movimenti. Di lei colpisce la forza di caratterizzazione, il temperamento, la nervosità digitale, luminosa, scattante, usata fino dal rapinoso primo movimento, così come il virtuosismo del finale, con l’impeto e la lucida razionalità del fraseggio. Un’esecuzione a tratti spettacolare, che asseconda mirabilmente le asprezze e le spigolosità della partitura, ma ricca di colori accesi alla maniera fauve, ben coadiuvata anche dalla lucente tromba di Angelo Cavallo.
Un'esecuzione che esprime un’energia palpabile e che fa scattare al termine gli elevati consensi del pubblico, alle cui ripetute chiamate in proscenio la giovane interprete offre un graditissimo bis.
di Gianni Schicchi
Eng - “I Virtuosi Italiani at Teatro Ristori: Oleg Caetani and young pianist Maya Oganyan enchant with Bartok, Meyer, and Shostakovich”
A celebrated conductor and a young rising pianist took the stage for the penultimate performance of the season by I Virtuosi Italiani. These were the artists who animated the concert on Thursday, November 7, at Teatro Ristori. Conducting was Swiss maestro Oleg Caetani, with 18-year-old Moscow-born Maya Oganyan (now based in Venice) at the piano, performing a program centred around works by Bartok, Meyer, and Shostakovich.
The concert opened with the famous Divertimento for Strings by Bela Bartok (a composer dear to Caetani), written in August 1939. This piece marks the closing of Bartok’s neoclassical period and is structurally similar in many ways to his Second Violin Concerto, where the first and third movements share thematic material. Certain baroque stylistic elements are evident in the frequent alternation between solos and tutti, which evokes the concerto grosso style rather than a classical divertimento.
Although composed shortly before Bartok’s American exile and against the backdrop of Europe edging toward the catastrophe of World War II, this work is unusually serene and joyful, with a pervasive optimism that hints at a vision of a better world beyond the horrors of that era.
Caetani's interpretation exuded a captivating spontaneity, as if born from the passion of the moment, with each sound and musical line brought to life with an enchanting immediacy. His rapport with I Virtuosi was perfect: the Swiss conductor acted as a supportive guide, often aided by first violinist Alberto Martini, who complemented and enhanced each interpretive nuance.
The second piece on the program, Night Music by Polish composer Krysztof Meyer—a student of Penderecki, Lutoslawski, and Boulanger—was performed for the first time in Italy. However, its inclusion, while interesting, might not have been strictly necessary.
The evening's highlight was undoubtedly Shostakovich's well-known Concerto for Piano and Trumpet Op. 35. Written soon after his 24 Preludes, with which it shares several stylistic traits, this piece has an unusual orchestral arrangement. Across its four movements, the youthful exuberance of Shostakovich juxtaposes themes from Beethoven’s Appassionataand Haydn, along with a popular melody from 1933. The trumpet solo in the fourth movement incorporates the finale theme from Dressel's The Poor Columbus, showcasing Shostakovich's signature stylistic diversity: the Lento movement even hints at Ravel’s harmonic elegance, nodding to light music with refined grace, while also recalling Rodenko's collage style in its multifaceted citations.
The constant tension between biting irony and lyrical nostalgia is emphasised by the use of a solo trumpet, which heightens both extremes. The piano itself swings between these two characteristics, with percussive rhythms in the faster movements and a nuanced chiaroscuro in the slower ones.
Here we see a composer embracing experimentation and provocation, in line with the early European avant-garde, sharing their taste for parody, eclectic citation, stylistic blending, and the use of diverse materials, breaking away from traditional forms.
Maya Oganyan at the piano captivated from the opening notes, highlighting the formal structure of the concerto—a sort of Divertissement in four movements. Her remarkable expressiveness, temperament, and agile technique were evident from the electrifying first movement through to the virtuosic finale, marked by energetic phrasing and radiant clarity. Her performance, at times spectacular, masterfully conveyed the rugged edges of the score, with bold fauvist colours, splendidly supported by Angelo Cavallo’s luminous trumpet.
An electrifying performance that earned enthusiastic applause from the audience, to which the young pianist responded with a delightful encore.
By Gianni Schicchi